di Maria Del Giudice
Nell’antica Roma, sulle tavole dei Romani, durante i pasti, il pane non mancava mai. Era ritenuto un alimento importante, veniva servito anche nelle popinae, ristoranti dell’antica Roma e veniva abbinato a ogni tipo di pietanza.
Gli antichi Romani facevano tre pasti principali al giorno. Il primo pasto era il jentaculum che corrispondeva alla nostra prima colazione e avveniva tra la terza e la quarta ora, ovvero tra le otto e le nove del mattino. Consisteva in un pasto a base di pane, formaggio, latte, miele, frutta secca e vino. Si consumavano, eventualmente, anche gli avanzi della sera precedente.
In tarda mattinata, tra la sesta e la settima ora, cioè verso mezzogiorno, consumavano il prandium, un pasto veloce e freddo a base di pane, pesce, frutta, legumi e vino. Questo pasto corrispondeva al nostro pranzo anche se spesso i Romani lo consumavano in piedi e in maniera frettolosa.
Il pasto più importante della giornata era senza dubbio la coena, che avveniva tra la decima e undicesima ora ovvero verso le quattro del pomeriggio. Anche in questo caso il pane accompagnava piatti a base di legumi, formaggi, frutta e carne (soprattutto di maiale) presente sulle tavole dei più ricchi.
Il cibo e la sua qualità era anche identità dello status sociale, ma il pane era per tutti!
Anche a Pompei e a Ercolano, sotto una coltre di ceneri e lapilli, furono seppelliti decine di pani destinati a quella cena fatale mai consumata e che, come consuetudine, sarebbe dovuta iniziare verso le quattro del pomeriggio di quel 24 agosto del 79 d.C. quando, intorno alle 13.00, iniziò l’epocale eruzione del Vesuvio che si protrasse per trenta ore distruggendo Pompei, Ercolano e Stabia. Una delle più antiche ricette riguardanti la preparazione del pane, è quella del libum di Catone, contenuta nella sua opera “De agri cultura” composta probabilmente attorno al 160 a.C. Ed è proprio Catone a fornirci una saporita e facilissima ricetta del pane dei Romani (Foto dell’Associazione Archeologica Ticinese).
La ricetta originale è la seguente:
“Trita in un mortaio un chilo di formaggio di pecora (ricotta); dopo averlo ben lavorato, aggiungerai mescolando 500 grammi di farina di farro o, se vuoi che sia più soffice, soltanto 250 grammi di farina; aggiungerai un uovo e mescolerai bene. Poi formerai il pane, metterai sotto il pane alcune foglie di alloro e lo cucinerai lentamente su fuoco lento coprendolo con un coperchio”.
Ovviamente all’epoca non esistevano i forni moderni e Catone suggerisce di cuocere il libum in una pagnotta unica. Ma è molto più comodo formare tante focaccine ottime da consumare anche durante un aperitivo o come antipasto. E’ consigliabile, quindi, formare dal panetto di pane tante piccole palline che faremo rotolare nella farina e, dopo averle appiattite, le sistemeremo su una teglia da forno oliata e adagiate su foglie di alloro accuratamente pulite e leggermente cosparse d’olio d’oliva.
Cuoceremo in forno a 180° per circa 25 minuti o comunque fino a doratura.
E che dire? Buon appetito o meglio…bene sapiat!
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