di Francesco Salvione
In passato era considerato un cibo povero, consumato da chi non poteva permettersi la carne o alimenti più pregiati, il Baccalà, ovvero il merluzzo bianco conservato sotto sale è diventato negli anni un protagonista della nostra cucina; l’Italia, infatti, ne è il secondo paese consumatore mondiale, dopo il Portogallo, dove con circa 400 ricette, più di una al giorno, si avvalora più che una passione una vera e propria “mania” per tale prelibatezza.
Le origini della tecnica della conservazione sotto sale, detta salagione, risalgono all’epoca rinascimentale ad opera delle popolazioni del nord Europa che lo consideravano come noi consideriamo il maiale.. della serie: non si butta via niente! Leggenda narra di pescatori baschi a caccia di balene che, trovandosi imbattuti in un branco di merluzzi verso l’isola di Terranova decisero di catturarli e conservarli con lo stesso metodo che usavano per le carni di balena.
E’ intorno al 1500 che il baccalà arriva in Italia, grazie ai mercanti veneziani, e da allora si diffonde ampiamente nella nostra cucina regionale, da nord a sud, diventando uno dei piatti simbolo del Natale ed una delle pietanze più amate ed apprezzate della tradizione popolare.
Fritto, “arraganato”, in umido, all’insalata, alla puttanesca, alla pizzaiola…il baccalà si cucina in centinaia di modi spaziando dalle ricette classiche a quelle più fantasiose che lo vedono abbinato anche ad ingredienti dal sapore deciso.
Ne parliamo con un esperto, Paolo Antonio Galileo, chef del baccalà e cultore di una continua ricerca gastronomica che, questa estate, lo ha portato fino a Lisbona per vivere un’esperienza professionale dedicata alla conoscenza più approfondita del merluzzo in salagione, della qualità della materia prima e delle ricette tipiche portoghesi.
Lo chef ci parla di un piatto della tradizione casertana che ha rielaborato e caratterizzato : le pallottole di patate e baccalà
La tradizione di preparare le pallottole di patate nasce nel lontano 1805 per volontà degli abitanti di San Leucio (CE), per festeggiare il ritorno dall’esilio di Ferdinando IV di Borbone dopo i moti rivoluzionari del 1799.
Per l’occasione si tenne una sagra, dal 2 al 9 di luglio, durante la quale fu inaugurato, per l’occasione, il tempio eretto in onore della Madonna delle Grazie alla Vaccheria e il Re fece allestire, nel vasto spiazzo antistante il tempio, delle baracche disposte a semicerchio, riccamente addobbate e dove trovarono posto anche venditori di generi di abbigliamento, oreficerie, chincaglierie e altri lavori artigianali. Speciali palchi furono costruiti per spettacoli vari e, nel giorno della festa, il Paisiello diresse una sua opera.
Le pallottole sono simili ai crocché di patate ma si distinguono dalle ultime per la panatura. Infatti, mentre le prime sono semplicemente passate in un pò di farina e poi fritte, i crocché prima di essere fritti vengono passate prima nell’uovo sbattuto e poi nel pan grattato.
Quando sono rientrato a Caserta ed ho iniziato a lavorare con il baccalà, il mio primo pensiero è stato proprio quello di personalizzare le pallottole aggiungendo, all’impasto, il baccalà, trasformando questo piatto della tradizione in uno dei miei antipasti più deliziosi ed unici.
La ricetta:
- 1 Kg di patate
- 750 gr di baccalà
- 2 uova
- 100 grammi di formaggio pecorino o romano
- un ciuffo di basilico
- sale e pepe quanto basta
- un pò di farina
Procedimento
Lessate le patate e, appena cotte, scolatele, mettetele su una placca da forno ed infornatele a 120° per circa 15 minuti. Nel frattempo fate bollire il baccalà per circa 20 minuti e scolatelo. Sbucciate e schiacciate le patate. Pulite il baccalà e sfilacciatelo, togliendo la pelle e le spine.
Unite in una ciotola capiente, le patate schiacciate ed il baccalà, incorporatevi le uova, il formaggio grattugiato, le foglie di basilico spezzettato, il sale ed il pepe. Lasciate riposare per almeno mezz’ora, poi, spolveratevi le mani di farina e riducete l’impasto in tante palle della grandezza di un uovo. Passatele nella farina e friggetele in olio abbondante e quando saranno dorate adagiatele su carta assorbente per eliminare l’olio superfluo.
Le pallottole vanno gustate calde o tiepide per goderne appieno l’aroma.