di Marzio Di Mezza
Non capita tutti i giorni di stare a tavola con Lello Surace, decano dei maestri pizzaioli napoletani. Circostanza resa ancora più rara se insieme al maestro si chiacchiera mangiando una pizza. Mi ritengo un privilegiato.
L’occasione si è creata grazie alla serata speciale organizzata da ‘La Pineta’ per ufficializzare l’adesione del locale all’Associazione Verace Pizza Napoletana. E’ stato l’instancabile Francesco Salvione a rendere possibile questo incontro. Che se non fosse un eccellente architetto, Francesco – mio complice di scorribande gastronomiche – dovrebbe fare l’event planner, come lo chiamano negli ambienti chic, sarebbe l’organizzatore di eventi: ‘o mast’e festa. Sarebbe un grande mast’e festa!
Surace porta con sé la storia della Pizza. Ce l’ha nelle sue mani, che hanno impastato e infornato milioni di Margherite e Marinare; ce l’ha negli occhi e nei suoi ricordi la storia. E la condivide volentieri. Cioè, non è uno di quelli che avendo fatto la storia, da protagonisti, si tengono stretti segreti, aneddoti, vicende, nomi, come se dovesse restare tutto avvolto nel mistero, come se il mistero stesso servisse a rendere le cose più grandi, più belle, più interessanti. No. Surace parla, racconta la Pizza, si racconta. E intanto mangia. Da come guarda lo spicchio di pizza che ha in mano si direbbe soddisfatto. Umberto Mauriello, il giovane pizzaiolo che le sta realizzando, è uno degli allievi della scuola dell’Associazione Verace Pizza Napoletana, di cui Surace è vice presidente. Dopo aver frequentato il corso, ha dovuto dimostrare di essere all’altezza di quella targa che gli è stata consegnata e che sarà sempre in bella mostra nel locale: “Vera Pizza Napoletana”.
Fa parte, adesso, della schiera di pizzaioli che nei quattro angoli del pianeta tengono fede al disciplinare internazionale per l’ottenimento del marchio collettivo “Verace Pizza Napoletana” – (vera Pizza Napoletana). “Noi li controlliamo periodicamente i nostri pizzaioli – spiega Surace -. Dobbiamo essere certi che rispettino il disciplinare, ne va del buon nome dell’Associazione e della stessa Pizza”.
Ambasciatori della Pizza nel mondo. Ce ne sono nelle Americhe e in Australia di locali associati. Tanti anche in Giappone. Surace, come altri dirigenti dell’Associazione, ha viaggiato molto per andare a verificare la qualità delle pizze prima di poter consegnare quella targa, ambita ma non impossibile, precisa il vice presidente: “Nel disciplinare è scritto tutto: qualità e quantità degli ingredienti, cottura, strumenti, impasto e idratazione, spessore del disco e del cornicione, anche la presentazione viene indicata. Nulla può essere asciato al caso – insiste -. Se un aspirante pizzaiolo rispetta tutto quanto prescritto può tranquillamente chiedere l’adesione”.
L’Associazione nasce nel 1984. Fu Antonio Pace, attuale presidente, a scrivere il primo decalogo, le regole precise per la preparazione e lavorazione delle pizze “veraci”, con l’aiuto dei vecchi maestri pizzaioli napoletani. Di lì a poco, in una intervista al Corriere della Sera volle precisare: “Non siamo in lotta con nessuno. Vogliamo solo riaffermare la nostra paternità pluricentenaria. Siamo contro la deformazione culturale e commerciale della nostra pizza e contro l’industrializzazione, perché non è vera pizza quella pronta all’uso, surgelata che si vende nei supermercati”. Oggi la sede è a Capodimonte, dove si svolgono anche i corsi professionali e i corsi avanzati.
“Sai come si chiama la prima pizza?”, mi chiede Surace. Avverto il disagio di chi arriva impreparato all’ interrogazione ma al tempo stesso un pizzico di felicità perché so che sto per imparare qualcosa di nuovo. Fingo di pensare, poi: “No, Maestro, come si chiama?”. Dà un altro morso al suo spicchio, gesticola per dire che la pizza è buona, gli piace, tovagliolo, sorso di Barbera del Sannio che papà Mauriello ha sapientemente abbinato per la serata, poi: “Si chiama Mastunicola“. Era fatta con strutto, formaggio, basilico e pepe – racconta -. Non poteva avere successo una pizza con lo strutto… “E la Marinara? Lo sai perché si chiama così? Mica perché si faceva con i frutti di mare! No. Si chiama così perché la mangiavano i pescatori quando rientravano la sera a casa dopo tutta la giornata in mare”.
Surace bisognerebbe invitarlo nelle scuole, dare la possibilità ai bambini e ai ragazzi di conoscere la storia del prodotto che ha reso per primo il Made in Italy famoso nel mondo. Bisognerebbe conoscere la Pizza così come si conoscono le guerre Puniche, la nascita dei Comuni, la breccia di Porta Pia, e così via. In un lavoro di riforma e rinnovamento dei programmi ministeriali vecchi, logori, della nostra scuola, fossi un ministro illuminato, inserirei qualcosa come “Cenni di Storia della Pizza”, alle elementari e medie; “Analisi storia ed economica del brand italiano più conosciuto nel mondo: la pizza”, negli istituti superiori a indirizzo economico, turistico eccetera.
Trascorrerei tante altre serate così. La buona pizza di Umberto Mauriello, la fantastica lezione del Maestro Lello Surace, Francesco che di tanto in tanto si intromette per fare qualche domanda, togliersi qualche curiosità, l’accoglienza familiare di un locale storico nella cittadina termale che adesso può vantarsi di appartenere al club dei Maestri pizzaioli, quelli veri.
Ristorante – Pizzeria – Braceria “La Pineta”, Via Tre Senete 3, 82037 Castelvenere (Bn), tel. 0824 941301